Giulia Santambrogio

Opere in divenire

 

 

 

È la primavera del 2015 e Giulia Santambrogio (1996) passeggia per i prati e i giardini di Brugherio, nella Brianza. È alla ricerca di fiori di campo per un progetto scolastico decisamente stimolante: realizzare un libro d’artista originale e fantasioso.
Giulia è particolarmente legata al mondo naturale, lo trova di una bellezza rigogliosa in grado di esercitare su di lei un fascino intenso, così struggente che in quel mondo rintraccia immediatamente un’importante ispirazione. In principio comincia con il collezionare fiori e ramoscelli di foglie, organizzando il suo lavoro su di un quaderno alla maniera di un vecchio erbario.

Molto presto però, osserva un particolare tremendamente avvilente: la bellezza sprigionata inizialmente dalla natura si sta spegnendo inesorabilmente. I colori sbiadiscono, le corolle si sgonfiano e il gambo si piega. Eppure, il desiderio di godere di quella meraviglia è qualcosa di indispensabile per la giovane artista, la quale vorrebbe poter portare con sé quei fiori senza un giorno vedersi costretta a sbarazzarsene. Vuole disporli nel suo libro e desidera che vi rimangono senza deperire tragicamente. Bisogna fare qualcosa, bisogna scongiurare la morte della Natura.

La soluzione più logica sembra essere quella di proteggere questi elementi confezionandoli sottovuoto, anche se questo significherebbe strapparli definitivamente dal contesto naturale, trasformandoli in oggetti di contemplazione. Il problema quindi è piuttosto complesso: come permettere a queste piante esanimi di continuare il loro ciclo e preservare il loro aspetto in una circostanza controllata, pur non alienandole dal mondo al quale appartengono? Da qui l’idea delle buste di plastica sigillate. E la trovata funziona, rivelandosi a sorpresa la svolta decisiva.

Imprigionando assieme ai fiori un’esigua percentuale di ossigeno, Santambrogio ricrea un piccolo ecosistema. I contenitori, infatti, si comportano esattamente come una serra; al loro interno si accumula umidità e non c’è ricircolo d’aria. Batteri e funghi si riproducono indisturbati, nutrendosi delle fibre vegetali, e in alcuni casi proliferano addirittura minuscoli insetti. Con questo espediente la decomposizione dei fiori viene quindi rallentata significativamente e la natura, invece di seccare e scolorire, macera con calma, producendo effetti incredibili, talvolta condizionati direttamente dall’azione dell’artista. È infatti possibile premere lo stelo di un fiore affinché questo rilasci nuove bolle di gas o stropicciare la busta, dilatando le chiazze colorate prodotte dalle secrezioni della pianta.
Il corso naturale è così libero di proseguire, costretto però in un riquadro artificiale, esattamente come nel caso di un piccolo giardino. Il concetto infatti è il medesimo: imbrigliare la natura entro uno spazio definito dall’uomo dove questa possa comunque consumare la sua esistenza. Insomma, imporre una regola al caos.

In questo modo inoltre, entra in gioco un ingrediente fondamentale: la casualità. La corruzione dell’originario splendore della natura, infatti, si tramuta in un fenomeno in grado di restituire nuove forme fantastiche e imprevedibili, del tutto casuali e mutevoli. La bellezza dunque non si estingue, si rinnova. Il che fa di questo progetto un’opera in continuo divenire che prende il nome di Still alive, letteralmente “ancora in vita”, storpiando l’inglese still life, “natura morta”. Un lavoro che viene ultimato giustapponendo diciassette buste contenenti specie di piante disparate, disposte, secondo l’allestimento originario, su di una superficie trasparente in maniera da simulare la struttura di un albero. Contemporaneamente, attraverso l’obbiettivo della fotocamera, l’artista sceglie di congelare un istante del drammatico processo naturale, immortalando in uno scatto il fascino effimero di un corpo in decomposizione.

A questo punto però, dobbiamo riconoscere come le riflessioni affrontate, insinuino un dubbio paradossale: chi è l’artefice dell’opera? È forse Santambrogio, un moderno demiurgo che monitora, influenza e registra il destino di un vegetale, o è la Natura stessa a regalarci queste immagini surreali, abbandonandosi al suo fato?

 

Alberto Corvi

 

Giulia Santambrogio, Still alive, TBar, Merate, 2015

 

Giulia Santambrogio, Still alive,  2015 │ 1.9

 

Giulia Santambrogio, Still alive,  2015 │ 7.2

 

Giulia Santambrogio, Still alive,  2015 │ 4.11

 

Giulia Santambrogio, Still alive,  2015 │ 2

 

Giulia Santambrogio, Still alive,  2015 │ 3

 

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